
A Roma il Distanziometro è “inapplicabile”: escluderebbe il gioco dal 99% della Capitale e metterebbe a rischio il 95% dei posti di lavoro.
La riduzione oraria dell’offerta di gioco non ha effetti nella lotta alla ludopatia e non contrae i volumi di gioco del giocatore problematico.
Questi i risultati della nuova ricerca dell’Eurispes “Gioco pubblico e dipendenze nel Lazio”, realizzata attraverso le attività del suo Osservatorio su Giochi, Legalità e Patologie, diretto da Chiara Sambaldi e Andrea Strata.
Pur essendo una ricerca che analizza un quadro regionale “il caso Lazio – Spiega Alberto Baldazzi, curatore della ricerca – può essere considerato pienamente rappresentativo di quello che è il quadro nazionale, caratterizzato da un confuso federalismo del gioco pubblico che genera spinte contrastanti che minano gli stessi obiettivi di chi correttamente denuncia le problematiche socio-sanitarie connesse al DGA, ma anche le prospettive imprenditoriali della filiera».
L’Eurispes ha analizzato il territorio di Roma Capitale, intrecciando i “luoghi sensibili” (così come identificati nel Regolamento del 2017), e la distanza di “500 metri” indicata nelle modifiche della legge regionale (ottobre 2018) che supera quella di 350 metri indicata nel medesimo Regolamento comunale, entro la quale non è possibile l’offerta di gioco legale.
Il risultato è che le aree di residua insediabilità si riducono allo 0,7% del territorio di Roma Capitale. In sostanza, l’offerta di gioco pubblico risulta preclusa per una percentuale del territorio comunale superiore al 99%.
È stata quindi analizzata l’evoluzione dei dati riferibili ai negozi generalisti e quelli specializzati che offrono giochi, basandosi sul RIES (Richieste Iscrizione Elenco Soggetti) dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che registra i punti vendita con apparecchi, escludendo quindi solo una parte di punti vendita che offrono solo prodotti di lotteria.
Nel caso in cui venisse applicato quanto previsto dalla legge regionale dell’ottobre 2018 relativamente al distanziometro, alla pratica espulsione dell’offerta attestata per il territorio di Roma Capitale, corrisponderebbe una equivalente contrazione degli occupati regionali per percentuali certamente superiori al 95%.
Lo studio svela inoltre un altro dato importante sulla inefficacia della compressione degli orari e quindi dell’offerta nella lotta alla ludopatia: dal confronto dei volumi di gioco precedenti e successivi alla entrata in vigore delle limitazioni risulta evidente un consumo di gioco più ridotto da parte dei giocatori così detti “sociali”, ma non c’è contrazione del gioco da parte di quelli problematici o patologici. Un risultato che conferma le tesi di psichiatri e specialisti in disturbi comportamentali che hanno a più riprese dichiarato che il giocatore problematico non si ferma di fronte a una limitazione geografica o oraria. Una dinamica sostenuta anche dallo stesso Istituto Superiore di Sanità. L’ISS ha riscontrato le rispettive predilezioni su “vicinanza” o “lontananza” dei punti gioco dall’abitazione e dal posto di lavoro, e anche il valore che le due categorie attribuiscono alla “riservatezza”, corroborando, di fatto, la valutazione che l’Eurispes ha espresso sul distanziometro.
La predilezione da parte dei giocatori problematici dei luoghi lontani da casa e per quelli che garantiscono maggior privacy per quote percentuali in entrambi i casi superiori al 10% (mentre la lontananza dal luogo di lavoro appare meno influente).
I giocatori fortemente problematici preferirebbero privacy e lontananza dai luoghi dove si vive quotidianamente e si è maggiormente conosciuti. L’assunto secondo cui il “distanziometro” non serve in quanto chi manifesta il disturbo non viene dissuaso dal gioco per la distanza, viene così addirittura ribaltato: il “giocatore problematico” ricerca luoghi lontani che garantiscono privacy e occultano in qualche misura la sua condizione di difficoltà. Conseguentemente, si potrebbe affermare che il “distanziometro” non mitiga la pulsione al gioco dei giocatori problematici o patologici, mentre può avere un effetto di dissuasione per quelli “sociali”.
A questo punto è legittimo chiedersi se il legislatore regionale del Lazio – ma ciò vale anche per tutte le altre regioni – abbia avuto o meno consapevolezza degli effetti di uno strumento come il distanziometro, al momento del varo della legge sul gioco, considerando i dati certificati da questo rapporto Eurispes che conferma nettamente e chiaramente nelle conclusioni della ricerca che:
– gli strumenti cardine delle legislazioni regionali (distanziometro e compressione degli orari di offerta del gioco pubblico) laddove applicati – nel caso del Lazio al momento relativamente agli orari ‒ non modificano sostanzialmente i complessivi volumi di gioco, in quanto danno vita ad una trasmigrazione tra le diverse tipologie dell’offerta, a vantaggio soprattutto dell’online;
– il distanziometro sconta una sostanziale inapplicabilità, in quanto rispetto alla distribuzione territoriale ad oggi in essere, esso comporta (o comporterebbe) la quasi totale espulsione dell’offerta legale, con percentuali residue di insediabilità comprese tra il 5% e lo 0,7%, come attestato da mappature e studi tecnici che l’Istituto ha realizzato;
– l’offerta socio-sanitaria dei Dipartimenti delle Dipendenze Patologiche delle Asl risulta assolutamente insufficiente sia per ciò che concerne i target di giocatori patologici raggiunti e presi in carico, sia per la genericità e aspecificità dei protocolli utilizzati, che risentono delle più tradizionali competenze dei SerT (droghe, alcol);
– la compressione dell’offerta pubblica di gioco sfocia in una intensificazione dell’intervento della delinquenza comune e della criminalità organizzata a conferma che l’area del gioco si presta con grande facilità a scorribande dell’illegalità.